Individua nella figura qui sotto la zona dove risiede la fonte del tuo dolore. Potrai accedere a schede riepilogative sulle patologie reumatiche più comuni, possibili trattamenti o anche solo consigli per lenire il fastidio.
La spalla è l’articolazione più mobile del corpo umano e una delle sedi più frequenti di dolore acuto e cronico. Fra le cause più frequenti di spalla dolorosa figurano le tendinopatie del capo lungo del bicipite e dei tendini che compongono la cosiddetta cuffia dei rotatori. La patologia infiammatoria dei tendini della spalla spesso si associa con l’impegno delle numerose borse sierose e, in particolare, con quello della borsa sub-deltoidea. Tendiniti e borsiti della spalla possono causare una sintomatologia dolorosa molto intensa, ad accentuazione caratteristicamente notturna. Il riscontro di calcificazioni periarticolari e di rotture parziali o totali dei tendini è tutt’altro che raro e la frequenza di tali alterazioni tende ad aumentare con il progredire dell’età. L’insieme delle diverse sindromi dolorose che colpiscono le borse sierose e le strutture tendinee e legamentose della spalla viene tradizionalmente indicato con il termine periartropatia della spalla. La spalla può costituire un distretto-bersaglio anche in corso di artriti croniche, anche se tale eventualità raramente si manifesta in modo clinicamente significativo all’esordio della malattia. L’artrosi tende invece a risparmiare la spalla per la sua peculiare conformazione anatomica e per il fatto di essere una articolazione antigravitaria, che opera in condizioni di distrazione. La presenza di una artrosi gleno-omerale si riscontra prevalentemente in soggetti che hanno subito traumi o a seguito di un perdurante squilibrio biomeccanico dell’articolazione.
Il dolore al gomito può riconoscere cause diverse. Tra quelle più frequenti figura l’epicondilite (gomito del tennista), legata ad un processo infiammatorio dei tendini che si inseriscono sulla regione laterale del gomito. Questa condizione è abitualmente innescata da traumi locali o da un protratta sollecitazione funzionale legata alla pratica di particolari attività sportive o lavorative. Il dolore può raggiungere elevati livelli di intensità e compromettere lo svolgimento delle comuni attività della vita quotidiana. L’esame clinico e l’ecografia consentono una agevole diagnosi. Occorre ricordare, peraltro, che una epicondilite può manifestarsi anche in pazienti con spondiloartrite sieronegativa per il coinvolgimento infiammatorio (non su base meccanica) delle inserzioni dei tendini (entesi) a livello del gomito. Il dolore di una epicondilite si distingue da quello di una artrite del gomito in quanto il primo è localizzato in corrispondenza della protuberanza ossea palpabile a livello della porzione laterale del gomito (epicondilo), mentre il secondo non è localizzato ma si estende a tutta l’articolazione e presenta caratteristiche che ne rendono agevole il riconoscimento. Un dolore circoscritto al gomito sul versante interno dell’articolazione ed in corrispondenza della protuberanza ossea interna (epitroclea) costituisce invece una tipica espressione di un processo infiammatorio che interessa l’inserzione tendinea prossimale dei muscoli flessori delle dita. Questa sindrome viene comunemente denominata "gomito del golfista", potendo essere spesso innescata dalle peculiari gestualità che caratterizzano il gioco del golf. Anche in questo caso, come per l’epicondilite la diagnosi si basa sull’esame clinico e, in particolare, sulla evocabilità del dolore, esercitando una pressione circoscritta il corrispondenza della inserzione ossea dei tendini. In caso di artrite del gomito, il dolore è esteso a tutta l’articolazione e si associa con limitazione dei movimenti di flesso estensione e prono-supinazione. Nei soggetti con spondiloartrite di lunga durata, una flogosi persistente a livello del gomito può determinare una compromissione persistente e rilevante della estensione attiva dell’articolazione. La borsa olecranica può essere sede di flogosi in corso di artriti croniche, ma il suo impegno può assumere una impronta flogistica particolarmente marcata in corso di gotta. I depositi tofacei a tale livello possono raggiungere dimensioni cospicue fino a raggiungere il diametro di un’arancia.
Il polso è una dei distretti articolari più precocemente coinvolti nei pazienti con artrite reumatoide ed artrite psoriasica. La sinovite del polso si manifesta con tumefazione, dolore e limitazione funzionale nei movimenti attivi e passivi di flesso-estensione. Questa sintomatologia è particolarmente accentuata al risveglio e può limitare in modo considerevole lo svolgimento delle comuni attività della vita quotidiana. Il polso è una delle sedi più spesso interessate dalla condrocalcinosi, un’artrite da microcristalli di pirofosfato di calcio, che può presentare molte similitudini con la gotta (tanto da essere spesso denominata "pseudogotta"). L’espressione radiografica più caratteristica della condrocalcinosi è rappresentata dalla presenza di piccole calcificazioni all’interno della fibrocartilagine triangolare del carpo, che costituisce una specie di menisco di forma triangolare che si trova nella porzione ulnare dell’articolazione. Il dolore al polso è raramente causato da un processo artrosico, che può peraltro manifestarsi in alcuni soggetti prevalentemente a seguito di traumi capaci di determinare una compromissione della biomeccanica articolare. Nei pazienti con artrite cronica, l’impegno flogistico dei tendini flessori all’interno del canale carpale può determinare un compressione del nevo mediano e determinare la comparsa di una sindrome del tunnel carpale che si manifesta con dolore, formicolii e sensazione di dita addormentate (ad esclusione del mignolo).
Le articolazioni metacarpofalangee sono una delle sedi più caratteristicamente e precocemente coinvolte in corso di artrite reumatoide. Il dolore e la limitazione dei movimenti di flessione ed estensione delle dita sono le espressioni cliniche che conseguono alla comparsa del processo infiammatorio. Il dolore viene caratteristicamente evocato da una semplice stretta di mano e da tutte le manovre e le attività che determinano un aumento di pressione sulle articolazioni. In caso di recente comparsa di dolore persistente a livello di una o più articolazioni metacarpofalangee è fortemente consigliata una valutazione specialistica, preferibilmente nel contesto di un ambulatorio reumatologico specificamente dedicato alla diagnosi precoce ed al trattamento delle artriti (early arthritis clinic). In questo ambito potrà essere prontamente eseguita una accurata valutazione ecografica delle articolazioni e dei tendini. L’ecografia riveste un ruolo fondamentale nel precoce riconoscimento e nella caratterizzazione dell’artrite delle metacarpofalangee. Gli elementi più caratteristici sono rappresentati dalla distensione della capsula articolare e della presenza di segnale Doppler intra-articolare.
Anche le articolazioni interfalangee prossimali, al pari delle metacarpofalangee sono uno dei distretti bersaglio più precocemente interessati in corso di artrite reumatoide o di artrite psoriasica. Dolore, rigidità mattutina e limitazione dei movimenti di flesso-estensione sono i sintomi caratteristici della flogosi articolare. Le articolazioni interfalangee prossimali, molto più spesso delle articolazioni metacarpofalangee sono invece sedi di artrosi. L’artrosi primaria delle interfalangee prossimali colpisce prevalentemente le donne, tende ad essere più frequente con il progredire dell’età e si caratterizza per la comparsa di caratteristiche nodosità dure (noduli di Bouchard) conseguenti ad un rigoglioso processo di ossificazione reattiva. Il dolore ha caratteristiche diverse rispetto ai quadri di artrite, essendo prevalentemente innescato dalle sollecitazioni meccaniche legate all’uso della mano. Nelle fasi più avanzate del processo artrosico non è infrequente che le articolazioni risultino sostanzialmente non dolenti, anche se presentano quadri di conclamata deformità associati con rilevante limitazione funzionale. L’esame radiografico consente una agevole distinzione delle espressioni caratteristiche dell’artrosi rispetto a quelle che si osservano in corso di artriti croniche (artrite reumatoide, artrite psoriasica).
Le articolazioni interfalangee distali sono un caratteristico bersaglio di tre condizioni principali: l’artrosi primaria, l’artrite psoriasica e l’osteoartrite erosiva. L’artrosi delle interfalangee distali è una delle più frequenti manifestazioni della osteoartrosi primaria. Questo impegno si registra soprattutto nel sesso femminile e tende ad accentuarsi nel periodo post-menopausale con espressioni talora particolarmente deformanti (nodosità, perdita di allineamento dei capi articolari. La sintomatologia dolorosa ha un decorso intermittente, è più frequente all’esordio della malattia ed è elettivamente innescata da microtraumi locali e/o dal sovraccarico funzionale. La coesistenza delle tipiche nodosità e della dislocazione dei capi articolari può comportare rilevanti problemi di natura estetica. L’entità della compromissione funzionale è direttamente ricollegabile a quella della evoluzione del danno anatomico e, specie nelle fasi più evolute della malattia, può limitare o compromettere lo svolgimento di attività di precisione, che richiedono una efficiente mobilità delle interfalangee prossimali e distali. L’artrosi delle interfalangee distali spesso si associa con analogo processo a carico delle interfalangee prossimali (noduli di Bouchard). L’impronta ereditaria è chiara e spesso questo questa condizione si rileva in più membri della stessa famiglia, con particolare predilezione per il sesso femminile. Le interfalangee distali sono anche un bersaglio caratteristico in corso di artrite psoriasica. La sintomatologia dolorosa all’esordio e l’evoluzione clinica sono agevolmente distinguibili dai lineamenti tipici dell’artrosi. Il dolore ha la caratteristica impronta flogistica (persistente, accentuato al mattino). Più arduo può risultare la diagnosi differenziale nei casi nei quali la presenza di una artrosi primaria abbia preceduto la comparsa dell’artrite psoriasica. Nei casi dubbi, potranno risultare utili i rilievi radiografici ed ecografici. Nell’artrite psoriasica, inoltre, l’impegno delle interfalangee distali spesso si associa con la caratteristica onicopatia della psoriasi (unghie fragili, slaminate, discromiche, con fini punteggiature che rendono la superfice dell’unghia simile a quella di un ditale da cucito (pitting ungueale).
La coxartrosi è la più frequente causa di dolore all’anca nei soggetti adulti. La coxartrosi è nettamente prevalente nel sesso femminile, tende ad aumentare con l’età ed è una delle cause più frequenti di intervento di chirurgia protesica. Nella coxartrosi il dolore è di tipo meccanico e si caratterizza per la caratteristica localizzazione all’inguine, con irradiazione alla radice dell’arto inferiore, sia anteriormente che posteriormente. Fra i principali fattori predisponenti alla coxartrosi figurano la displasia congenita dell’anca, le alterazioni dell’asse cervico-diafisario (valgismo e varismo del collo femorale, traumi e sovraccarico funzionale). Il dolore della coxartrosi viene caratteristicamente innescato ed amplificato dalla stazione eretta prolungata e dai movimenti di intrarotazione ed abduzione dell’articolazione. Nei pazienti con malattia in fase avanzata risulta pressochè impossibile anche lo svolgimento delle comuni attività della vita quotidiana come infilarsi le scarpe (segno della scarpa), lavarsi i piedi, alzarsi da una sedia bassa. Il dolore si accentua caratteristicamente dopo una deambulazione prolungata, mentre la ripresa del movimento dopo una protratta immobilità risulta particolarmente problematico, con evidente rigidità, zoppia iniziale e dolore da carico. Questa sintomatologia iniziale, percepita come fortemente invalidante, tende poi ad attenuarsi con la ripresa del movimenti. L’impegno dell’articolazione coxofemorale si registra anche in corso di artrite reumatoide e di artrite psoriasica. Tale interessamento raramente è documentabile nelle fasi iniziali di malattia. Anche se relativamente tardivo, l’impegno flogistico delle articolazioni coxofemorali assume una connotazione prognostica sfavorevole nell’artrite reumatoide e nelle spondiloartriti sieronegative e risulta fortemente penalizzante, sia per l’intensità della sintomatologia dolorosa, sia per la comparsa di una marcata compromissione funzionale, se non si contrasta efficacemente la progressione del processo infiammatorio. Il dolore coxofemorale legato ad un impegno flogistico e/o degenerativo dell’articolazione è di solito agevolmente distinguibile rispetto a quello dovuto alla sofferenza dei tendini che si inseriscono in corrispondenza del grande trocantere, sulla porzione laterale della coscia. La comparsa di dolore a tale livello è generalmente indicativa di una tendinite/tendinosi dei potenti tendini della muscolatura glutea. Anche un impegno flogistico delle borse sierose trocanteriche può rappresentare una rilevante causa di dolore. Il dolore trocanterico viene elettivamente evocato dalla pressione locale, mentre è caratteristico il riscontro anamnestico dell’accentuazione della sintomatologia quando il paziente si corica in decubito laterale.
Il ginocchio è la più grande articolazione del corpo umano ed è una delle sorgenti più frequenti di dolore acuto e cronico. Le sindromi dolorose post-traumatiche sono in genere di agevole riconoscimento per le modalità di comparsa e le caratteristiche cliniche ed evolutive. Il ginocchio non rientra in genere fra le articolazioni più precocemente interessate in corso di artrite reumatoide o di artrite psoriasica. Quando questo impegno si manifesta è necessario impostare una incisiva strategia di trattamento, che riduca il più possibile la persistenza di un processo di sinovite attiva. La terapia intra-articolare con steroidi può risultare particolarmente efficace a tale scopo. La gonartrosi è una delle cause più frequenti di gonalgia. In fase iniziale il dolore compare generalmente durante la marcia (specie in discesa), è di breve durata ed è prevalentemente localizzato nella porzione mediale del ginocchio. Negli stadi più avanzati il dolore tende ad accentuarsi per frequenza ed intensità ed è provocato dalla deambulazione, specie su superfici irregolari (terreno arato, acciottolato, selciato). Il dolore compare soprattutto all’inizio della deambulazione (dopo una lunga posizione seduta, dopo una marcia prolungata o dopo una protratta stazione eretta. La sede del dolore è legata alla localizzazione prevalente del danno anatomico delle superfici articolari. La limitazione funzionale può raggiungere livelli tali da compromettere del tutto la deambulazione autonoma. Nel decorso dell’artrosi si possono registrare ripetuti episodi di flogosi sinoviale di durata ed intensità variabile, che si manifestano con le tipiche espressioni di sinovite (tumefazione, aumento della temperatura locale). Il dolore dovuto alla sinovite presenta caratteristiche diverse rispetto al semplice dolore meccanico, in quanto non scompare con il riposo e può persistere di notte. La sinovite in corso di artrosi può essere innescata dal sovraccarico funzionale e/o dalla concomitante presenza di lesioni meniscali, legamentose e, spesso, dalla presenza all’interno del cavo articolare di depositi di microcristalli di urato monosodico (gotta) o di pirofosfato di calcio (condrocalcinosi). La condrocalcinosi, in particolare, è spesso associata con la gonartrosi, specie in soggetti anziani. La condrocalcinosi è agevolmente riconoscibile all’esame radiografico nelle sue fasi più avanzate per la presenza di caratteristiche calcificazioni meniscali e/o di sottili strie calcifiche all’interno della cartilagine di rivestimento dei capi articolari. L’ecografia articolare e l’esame del liquido sinoviale consentono una diagnosi ancora più precoce della condrocalcinosi potendo consentire la individuazione di aggregati di cristalli di pirofosfato non rilevabili all’esame radiografico. Fra le strutture anatomiche del ginocchio che possono essere coinvolte da processi flogistici acuti o cronici al ginocchio non bisogna dimenticare i tendini e le borse sierose. Il tendine quadricipite ed il tendine rotuleo sono spesso interessati in corso di spondiloartriti sieronegative. Il dolore è inizialmente localizzato nella sede di inserzione ossea dei tendini (margini superiore ed inferiore della rotula) ed a livello della tuberosità tibiale e può essere evocato dalla pressione mirata in tali sedi. Le borse sierose del ginocchio che sono più spesso sede di processi infiammatori sono la borsa prerotulea (anteriore) e la borsa del gastrocnemio-semimembranoso (posteriore). Una borsite prerotulea può essere di natura meccanica (ginocchio della lavandaia) o costituire l’espressione di altri tipi di sinovite (reumatoide, psoriasica, gottosa, settica). La borsa del gastrocnemio-semimembranoso è situata nella parte posteriore del ginocchio ed è spesso in comunicazione con il cavo articolare. Ne consegue che quando si forma un cospicuo versamento articolare, il liquido sinoviale può migrare all’interno della borsa e determinarne una distensione particolarmente marcata (cisti di Baker). Il rigonfiamento provoca una caratteristica sensazione di tensione o di oppressione dietro il ginocchio, che si accentua quando il paziente assume la posizione accovacciata. La cisti di Baker può estendersi in direzione distale e raggiungere dimensioni ragguardevoli. La rottura della cisti e la compressione delle vene poplitee (con conseguente rischio di trombosi venosa), che costituiscono le complicanze più temibili di queste ampie raccolte di liquido sinoviale, sono oggi molto meno frequenti per l’agevole identificazione delle cisti di Baker all’esame ecografico e la conseguente aspirazione ecoguidata.
L’articolazione tibio tarsica è spesso interessata in corso di artriti croniche (artrite reumatoide, artrite psoriasica). Il dolore a carattere infiammatorio si accentua soprattutto al mattino al risveglio e si accompagna con rigidità funzionale e limitazione della deambulazione. L’impegno flogistico della articolazione tibiotarsica frequentemente si associa con quello dei tendini del versante interno dell’articolazione (tendine del tibiale posteriore) e con quelli del versante esterno dell’articolazione (tendini peronieri). L’interessamento delle strutture anatomiche della caviglia risulta di agevole rilevazione mediante l’ecografia, grazie alla quale si può documentare la presenza di accumulo di liquido sinoviale all’interno dell’articolazione e/o delle guaine tendinee. Il dolore a carico del tendine di Achille può costituire l’espressione di una patologia meccanica (traumi, attività sportive usuranti), dismetabolica (ipercolesterolemia, gotta) o infiammatoria (spondiloartriti sieronegative). Un dolore di natura meccanica è legato soprattutto ad alterazioni anatomiche del tendine secondarie alla pratica di attività sportive. Alterazioni di vario tipo della struttura tendinea si rilevano anche in soggetti con ipercolesterolemia ed iperuricemia. Nei soggetti con dislipidemia il tendine di Achille spesso presenta un ispessimento fusiforme agevolmente rilevabile all’esame ecografico e caratterizzato da alterazioni morfostrutturali di vario, tipo fino alla rottura parziale o completa. Queste alterazioni morfostrutturali possono conferire al tendine una ridotta resistenza meccanica, che può determinare la comparsa di rotture parziali o complete del tendine. L’interessamento del tendine di Achille è frequente nei pazienti con spondiloartriti sieronegative. Il processo infiammatorio coinvolge inizialmente le entesi (la porzione del tendine che si inserisce a livello dell’osso). La sintomatologia dolorosa è particolarmente intensa al mattino al risveglio, è spesso bilaterale e può associarsi con l’interessamento di altre entesi.
Le articolazioni metatarsofalangee sono tra le sedi più spesso interessate nelle artriti croniche, anche in fase di esordio. Dolore, tumefazione e limitazione funzionale sono le espressioni spesso concomitanti di tale interessamento. La quinta articolazione metatarso-falangea, in particolare, è uno dei distretti a livello dei quali è possibile rilevare la comparsa delle iniziali erosioni dovute al processo di sinovite cronica. Le articolazioni metatarsofalangee sono spesso sede di dolore meccanico dovuto ad un inveterato squilibrio biomeccanico dell’avampiede. Le alterazioni dell’appoggio delle teste metatarsali sono agevolmente riconoscibili valutando la distribuzione delle callosità. L’uso di calzature "killer" (tacco alto, punta stretta) e la presenza di paramorfismi del piede (alluce valgo, piede piatto, piede cavo) sono tra i principali fattori predisponenti di metatarsalgia meccanica. L’articolazione metatarsofalangea dell’alluce è sede più caratteristico dell’attacco acuto di gotta. Gli episodi di sinovite acuta hanno un esordio improvviso (generalmente nelle prime ore del mattino) e determinano una sintomatologia dolorosa che può raggiungere livelli di drammatica intensità, con segni evidenti di flogosi locale (arrossamento, tumefazione, aumento della temperatura locale). Un dolore meno intenso, ma pur sempre rilevante. può manifestarsi a seguito di borsite dell’alluce innescata da microtraumi locali protratti (specie in soggetti con valgismo dell’alluce).
L’articolazione sternoclaveare è caratteristicamente risparmiata in corso di artrite reumatoide, mentre è una sede frequentemente coinvolta in corso di spondiloartriti sieronegative (artrite reumatoide, artrite psoriasica, spondilite anchilosante). Dolore e tumefazione sono le espressioni più caratteristiche di tale impegno.
Un dolore acuto ed intenso a livello della sinfisi pubica, nettamente accentuato dalla pressione locale è una espressione caratteristica di sinfisite pubica. Le principali cause di flogosi a livello di tale distretto sono le spondiloartriti sieronegative (artrite psoriasica, spondilite anchilosante) e la condrocalcinosi mentre tale distretto, al pari di tutte le articolazioni "poco mobili", è risparmiato dall’artrite reumatoide.
Il dolore cervicale risparmia solo pochi soggetti nel corso della vita ed è prevalentemente legato all’embricarsi di alterazioni di tipo degenerativo che coinvolgono le diverse strutture anatomiche del collo. Nella maggior parte dei casi non è agevole ricondurre la genesi del dolore ad un processo patologico ben definito. L’artrosi cervicale è una delle diagnosi più spesso formulate in soggetti con dolore cervico-nucale, anche se spesso mancano prove evidenti, che consentano di distinguere fra un "testimone" ed un "imputato". Giova ricordare a tale scopo che quadri di cervicoartrosi florida, radiologicamente comprovati, possono rimanere a lungo asintomatici. La radiografia convenzionale e le altre metodiche di imaging (risonanza magnetica, in particolare) possono fornire un contributo determinante per la corretta individuazione del substrato anatomico del dolore cervicale, che vede potenzialmente coinvolte una eterogenea gamma di condizioni. Il rachide cervicale è uno dei distretti anatomici caratteristicamente interessati in corso di spondiloartriti sieronegative (spondilite anchilosante, artrite psoriasica). Dolore e rigidità del collo (ad accentuazione notturna e mattutina) sono le espressioni inziali di tale impegno. A differenza del dolore cervicale "meccanico", il dolore associato alle spondiloartriti ha carattere persistente e può comportare una rilevante compromissione dei movimenti di flesso estensione e rotazione del collo. La risonanza magnetica è l’indagine di elezioni per individuare le espressioni iniziali si spondilite cervicale, anche in presenza di un quadro radiologico negativo. Il rachide cervicale può essere interessato anche in corso di artrite reumatoide, specie nei soggetti con sinvote polidistrettuale ad impronta più aggressiva e nelle fasi relativamente più avanzate della malattia. Le prime due vertebre cervicali sono il bersaglio caratteristico della sinovite reumatoide. La conseguenza più grave (e fortunatamente rara) di tale impegno è rappresentata dalle complicanze neurologiche dovute alla lussazione del dente dell’epistrofeo, che può determinare lesioni midollari e conseguente paralisi irreversibile.
Nella maggior parte dei casi il dolore lombare è dovuto ad una o più patologie distrettuali che alterano il delicato equilibrio biomeccanico delle strutture anatomiche della colonna vertebrale. Tra le cause più frequenti di dolore figurano le discopatie delle ultime vertebre lombari e l’artrosi delle articolazioni interapofisarie. Nella maggior è parte dei casi il dolore lombare da cause "meccaniche" ha carattere episodico, raramente assume un decorso cronico, è nettamente influenzato dalla postura e dal sovraccarico funzionale statico e dinamico e tende generalmente ad attenuarsi nelle posizioni che attenuano la compressione delle strutture algogene. La stazione protratta prolungata e lo svolgimento di attività che comportano la flessione del tronco o il sollevamento di oggetti pesanti sono tra i fattori che innescano o amplificano il dolore di tipo meccanico. Il dolore di natura meccanica della colonna lombare deve essere distinto da quello di natura infiammatoria. Le lombalgie infiammatorie in corso di spondiloartriti (spondilite anchilosante, spondilite psoriasica) hanno un andamento cronico, accentuazione notturna e mattutina, tendono ad attenuarsi con il movimento e raramente si associano con un interessamento radicolare sovrapponibile a quello della classica patologia da conflitto disco-radice. Non bisogna dimenticare che a livello della regione lombare può essere proiettata la sintomatologia dolorosa originata da malattie viscerali (renali, gastrointestinali, cardiovascolari, ginecologiche). Queste lombalgie atipiche sono comunemente denominate "lombalgie riflesse" o “pseudo-lombalgie. Una accurata analisi delle caratteristiche del dolore riveste un rilevante valore ai fini diagnostico-differenziali. Fra quelle più utili per identificare la natura del problema figurano: la sede del dolore, l’irradiazione, l’orario di comparsa, l’orario di massima intensità, le posizioni e le attività che accentuano o attenuano il dolore, l’effetto dei diversi tipi di trattamento andidolorifico. Età, stile di vita, attività sportiva e lavorativa, malattie concomitanti sono altri elementi importanti da tenere in debito conto ai fini diagnostici.
Una delle cause più frequenti di dolore dell’articolazione temporo-mandibolare è rappresentata dalla cosiddetta "sindrome algico-disfunzionale" innescata da uno squilibrio biomeccanico dell’articolazione e delle strutture miofasciali periarticolari. Il dolore che ne consegue è mal localizzato, spesso proiettato in regione pre-auricolare o temporale. L’apertura della bocca, lo sbadiglio e la masticazione accentuano il dolore, così come la pressione a livello dell’articolazione. Malocclusione dentaria, bruxismo, artrosi sono le condizioni più spesso associate con la sindrome algico disfunzionale delle temporomandibolari. Un coinvolgimento delle articolazioni temporomandibolari è stato documentato nel 50% dei pazienti con artrite reumatoide, specie nelle fasi più tardive del decorso di malattia e nelle varianti ad impronta più aggressiva.
La comparsa di dolore gluteo persistente ad accentuazione notturna deve indurre al sospetto di una possibile sacroileite. L’impegno delle articolazioni sacroiliache è una espressione caratteristica di una spondiloartrite sieronegativa (spondilite anchilosante, artrite psoriasica). Una sacroileite bilaterale si osserva tipicamente nella spondilite anchilosante, mentre nell’artrite psoriasica l’interessamento delle articolazioni sacroiliache può essere monolaterale. Il dolore può irradiarsi verso la faccia posteriore della coscia.
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